I margini in un sistema di cablaggio.

Un aspetto strategico troppo spesso trascurato.

Quando si certifica un cablaggio generalmente si prende in considerazione il solo risultato globale, quasi mai si approfondisce l’analisi esaminando i margini che le misure presentano nei confronti del limite di riferimento. I margini, però, rappresentano un patrimonio estremamente importante che va preservato e consegnato intatto al committente perché fa parte delle caratteristiche che un cablaggio deve possedere per sviluppare a pieno le proprie potenzialità.

di Giacomo Scalzo

Introduzione

Più volte sulle colonne di questa rivista abbiamo affrontato il tema dell’importanza della qualità, in generale, dell’infrastruttura di trasporto delle informazioni, di come questa qualità debba essere ottenuta e di come debba essere misurata e certificata. Abbiamo anche sottolineato in molte occasioni come il test dei parametri elettrici e la certificazione dell’impianto è una procedura indispensabile per dimostrare in modo assolutamente obiettivo (scientifico, direi) che i risultati attesi sono stati raggiunti e che il cliente ha ottenuto quello di cui ha bisogno per il proprio sistema IT, quello che ha chiesto e che ha il diritto di ottenere.

Con questo articolo vogliamo fare un passo avanti ed affrontare un tema, a nostro avviso, non sufficientemente trattato anzi, oseremmo dire sconosciuto a molti tecnici e alla quasi totalità degli utenti ma, come vedremo, importantissimo, soprattutto nell’ottica degli impianti più moderni.

La discussione che vogliamo affrontare parte proprio dai risultati del test di certificazione ma non, come si potrebbe pensare, dai risultati di una certificazione andata male, bensì dai risultati di un test condotto bene, con le procedure e la strumentazione corretta e con risultati positivi per tutti i link. In altre parole partiremo da dove, normalmente, ci si ferma. Cercheremo di dimostrare come un “PASSATO” sulla totalità dei collegamenti potrebbe non essere sufficiente a dimostrare che l’impianto è realizzato a “regola d’arte” e arriveremo alla conclusione che il committente (o la società di consulenza che opera in suo nome) dovrebbe stare attento a (ed essere in grado di) controllare che gli venga consegnato tutto quanto gli spetta, anche al di là di quello che le prove strumentali mettono in grande evidenza. Ho volutamente utilizzato il termine “mettere in evidenza” perché in realtà le prove strumentali sono assolutamente complete, solo che certi valori non vengono sufficientemente evidenziati in quanto non ne determinano direttamente il risultato globale, ma basterebbe una lettura un po’ più attenta dei valori misurati per essere in grado di giudicare l’effettiva bontà di una installazione.

I margini del sistema

Per condurre un’analisi più approfondita delle caratteristiche di un impianto, non è necessario eseguire un test diverso da quello che si esegue normalmente, i parametri e le misure da prendere in considerazione sono sempre le stesse, quello che cambia però è l’ottica con cui andremo a valutare i risultati, in particolare, per ogni parametro misurato, oltre al risultato sintetico dovremo anche considerare il margine minimo che presenta rispetto ai valori di riferimento e alle configurazioni di caso pessimo. Ma andiamo con ordine.

Quando si parla di margini di un sistema di cablaggio, si parla, generalmente, di margini sulle prestazioni, una misura cioè di quanto il sistema sia migliore rispetto ai valori indicati dagli standard. Per essere più chiari: gli standard indicano i valori limite per tutta una serie di parametri elettrici, quei valori che devono assolutamente essere rispettati perché le applicazioni possano funzionare correttamente. Il sistema di cablaggio, dopo l’installazione, viene certificato su questi parametri e perché possa essere ritenuto idoneo deve rispettare questi limiti. In realtà i parametri misurati, se tutto è stato fatto correttamente, non sono mai attestati sul valore limite (o molto vicini ad essi) ma presentano margini più o meno ampi, sono proprio questi i margini di cui vogliamo parlare.

I parametri elettrici di un cablaggio (attenuazione, NEXT, ACR-N, ACR-F, ecc.), dipendono fortemente dalla struttura fisica del collegamento. Gli standard, non potendo prevedere tutte le situazioni reali, indicano i valori da rispettare sempre e comunque e sono riferiti, pertanto, alla configurazione più penalizzante ammessa dagli standard stessi, e cioè: 90m di sviluppo del permanent link, presenza di Consolidation Point, doppia permutazione e bretelle lato utente e lato apparato per una lunghezza complessiva di 10m, Figura 1, e componentistica (cavo e connettori) con caratteristiche vicine o coincidenti con i valori minimi ammessi. È molto raro che lo sviluppo reale di un collegamento coincida con questo schema e che i componenti siano tutti al limite dei valori di specifica, quindi c’è sempre da aspettarsi che i valori misurati siano sensibilmente migliori rispetto ai valori limite.

Figura 1 – Schema di cablaggio orizzontale a quattro connettori

Quanto debbano essere migliori rispetto ai limiti sugli standard non è riportato anzi, gli standard non parlano proprio di margini, ma questo non vuol dire che li ignorino o li trascurino, è vero proprio il contrario come vedremo più avanti. Non ne parlano semplicemente perché non è necessario che lo facciano, danno già per scontato che ci siano.

Uno standard non può essere applicato parzialmente, perché sia applicato, lo deve essere “in toto” e non solo per alcuni aspetti. Oltre ai limiti che devono essere rispettati dalle misure in campo sull’impianto finito, gli standard sono ricchi di prescrizioni, suggerimenti e linee guida che devono (o dovrebbero) essere seguiti in tutte le fasi di realizzazione del cablaggio, dall’approvvigionamento dei materiali, al progetto, all’installazione. Se tutto è condotto in ottemperanza a queste indicazioni, il test finale ha, effettivamente, il valore di “certificazione” e i margini non possono non esserci.

Il problema nasce dal fatto che, purtroppo, molto spesso lo standard è applicato solo parzialmente: si comprano i componenti più economici, si installa come si può (o come si sa fare) e poi ci si affida al test, se passa vuol dire che tutto è OK. Troppo comodo!

A questo punto mi sembra già di sentire molti di voi obiettare che il test serve proprio a questo, a verificare che, in ogni caso, indipendentemente dal livello di qualità dei componenti adottati e dall’accuratezza dell’installazione il risultato globale è buono, nel senso che il cablaggio è perfettamente idoneo a supportare le applicazioni previste per la sua categoria e allora che importanza può avere la presenza o meno di ampi margini?

Queste affermazioni sono condivisibili solo in parte. È vero che la presenza dei margini non è richiesta per superare il test di certificazione ed è altrettanto vero che il cablaggio sarà comunque compatibile con le applicazioni sviluppate per la sua categoria di appartenenza, ma se al cablaggio mancano i margini o se questi sono troppo piccoli rispetto alla configurazione installata, manca qualcosa di molto importante.

Importanza dei margini

Anzitutto avere dei margini significa che la rete funziona meglio. Oltre alla velocità nominale del protocollo (Ethernet a 100Mb/s, 1Gb/s o 10Gb/s), il parametro che davvero misura l’efficienza di una rete è il tasso di errore (o BER, Bit Error Rate), cioè il numero di errori al secondo che intervengono in trasmissione. Più alto è il BER più alto sarà il numero delle retries, cioè le volte che il sistema è costretto a ritrasmettere un pacchetto di dati non arrivato integro a destinazione e non correggibile dagli algoritmi di FEC del ricevitore. Si capisce facilmente che se il BER è alto, anche se la velocità nominale della rete è alta, quella percepita, cioè il reale tasso di scambio dati può essere fortemente penalizzato. Il tasso di errore dipende da tanti fattori, anche dai parametri del cablaggio e, soprattutto, dal rapporto segnale/disturbo (ACR). Indipendentemente dai valori limite indicati dagli standard, più è alto il rapporto segnale/disturbo (anche disturbi provenienti da fonti esterne al cablaggio!), minori saranno gli errori in linea e maggiore sarà l’efficienza della rete.

Ma c’è molto di più da considerare. Prendiamo il caso della lunghezza massima delle bretelle, soprattutto quelle dal lato utente. Lo standard indica una lunghezza massima di 5 m, però in casi particolari ammette la possibilità di utilizzo di bretelle più lunghe. È previsto l’utilizzo di bretelle più lunghe di 5m quando si ricorre a quel sistema di prese multiutente (fino a 12 utenti collegabili ad una stessa scatola o torretta) denominato MUTOA (Figura 2), ma la regola è di applicazione molto più generale. È possibile, infatti, utilizzare bretelle più lunghe di 5m tutte le volte che ne nasce l’esigenza ma a condizione che lo sviluppo del cablaggio orizzontale permanente, per quella particolare tratta, sia più corto dei 90m massimi prescritti dalla normative. Applicando una certa formula che qui non citiamo, si può calcolare la lunghezza massima della bretella in funzione della lunghezza del permanent link e della lunghezza delle altre bretelle presenti nel vano tecnico. Se il cablaggio orizzontale è particolarmente corto, si possono utilizzare bretelle utente lunghe anche 22 m!

Figura 2 – Esempio di MUTOA

Questa regola è un esempio concreto di come gli standard ipotizzano la presenza di margini sulle caratteristiche elettriche del cablaggio. Il principio che ne governa la validità e, quindi, l’applicazione è quello che se il cablaggio è più corto di 90m ci devono necessariamente essere i margini per tollerare bretelle oltre il valore massimo. In altre parole, alcuni parametri elettrici (soprattutto Attenuazione, ACR-N, ACR-F, e i corrispondenti valori calcolati in condizione di Power Sum) di un cablaggio lungo, per esempio, 60m devono essere molto migliori di quelli relativi allo stesso cablaggio se fosse lungo 90m.

Se sono in presenza di un cablaggio da 60m e il mio test evidenziasse valori vicini al limite di specifica, il cablaggio sarebbe certificato, ma non potrei utilizzare bretelle più lunghe perché il mio cablaggio si comporta come se fosse lungo 90m, cioè non ho margini.

Si tenga anche presente che l’utilizzo di bretelle più lunghe dei canonici 5m non è condizionato al test del canale, in altre parole, dopo aver effettuato la certificazione del permanent link, posso sempre decidere, in qualunque momento, di installare bretelle lunghe senza dover ricertificare il link perché la presenza dei margini è data per scontata. La lunghezza massima è determinata solo dalla formula già citata che tiene conto esclusivamente della lunghezza del permanent link (e delle altre bretelle). Se il cablaggio non dovesse avere i margini attesi, il canale potrebbe risultare facilmente fuori specifica senza che questo venga segnalato o evidenziato.

Altro esempio: nel 2006 è stato approvato lo standard per il trasposto della tecnologia Ethernet a 10Gb/s su cavi in rame (IEEE 802.3an). Il cablaggio per supportare questa tecnologia deve soddisfare precisi e molto stringenti requisiti e pertanto è stata specificata (nel 2008) una nuova categoria di cablaggio ad alte prestazioni molto evoluta tecnologicamente (Cat. 6A).

Per permettere ad un numero molto maggiore di utenti di adottare questo nuovo protocollo di rete, sono stati però anche specificati i requisiti che il cablaggio di Cat. 6 (molto diffuso da tempo) deve possedere perché sia in grado di trasportare 10GbE (TIA-TSB 155; ISO-TR 24750). Alla base di questa possibilità c’è ancora il concetto che se il cablaggio non è nella sua configurazione massima devono esistere i margini per supportare anche un’applicazione più impegnativa. Infatti sia TIA-TSB 155 che ISO-TR 24750 indicano che un cablaggio di Cat. 6 dovrebbe certamente poter trasportare 10GbE se la lunghezza è inferiore ai 37m o addirittura fino a 55m con alcune verifiche aggiuntive (AXTalk). Anche in questo caso, un impianto di Cat. 6, realizzato male o con componentistica non adeguata, potrebbe benissimo superare il suo test di certificazione, ma poi rivelarsi inadeguato a supportare applicazioni in contesti diversi.

Il furto dei margini

I margini rispetto ai limiti di misura devono quindi essere considerati come una componente importante dell’impianto di cablaggio che deve essere salvaguardata e consegnata intatta al committente perché in determinati contesti potrebbe averne bisogno. Purtroppo spesso questo non avviene perché altre figure professionali in quella catena che genera l’impianto finito, dalla definizione del progetto alla consegna, possono appropriarsene indebitamente.

Cominciamo con l’analizzare quali sono le cause che possono contribuire a far sì che i margini vengano ridotti o, addirittura, distrutti.

Non ci vuole molto a distruggere i margini, facciamo l’esempio di un installatore che lavori male: maltratta il cavo, collega male i connettori, usa fascette troppo strette, ecc. Il risultato è un link che “passa” la certificazione ma solo perché la tratta è corta, e i margini hanno compensato gli errori. In questo caso l’installatore si è appropriato di margini non suoi, per lavorare male; ha utilizzato vantaggi che qualcun altro ha pagato e avrebbe, invece, il diritto di ricevere. L’aspetto per certi versi paradossale, in una situazione come questa, è che l’installatore può consegnare al committente una documentazione di test ineccepibile, che sembrerebbe dimostrare un lavoro realizzato “a regola d’arte”, anche se avrebbe certamente potuto fare di meglio.

Anche la qualità dei prodotti gioca un ruolo determinante, i prodotti in commercio non sono tutti uguali. Non basta che su un cavo ci sia scritto Cat. 6 perché possa essere considerato pienamente rispondente alle caratteristiche di quella categoria e, soprattutto, perché possa essere considerato equivalente a qualsiasi altro prodotto. La differenza tra i prodotti messi in commercio e garantiti dalle primarie case produttrici e l’offerta “a basso costo” o anche “no brand”, è enorme. Abbiamo eseguito test specifici su diversi prodotti e, a parità di condizioni di impiego, i margini che si possono ottenere con prodotti “di marca” e prodotti “economici” sono profondamente diversi (vedi il paragrafo successivo). Il prodotto “garantito”, inoltre, generalmente aiuta anche l’installatore a contenere il tempo di posa in opera e a limitare le possibilità di errore.

Altro potenziale ladro di margini è il progettista. Abbiamo già accennato alle scelte tecnologiche, che, di norma, rientrano nelle responsabilità di chi esegue il progetto, ma anche tutta la predisposizione all’impianto, i percorsi che i cavi seguiranno, gli elementi di supporto, le canaline, i passaggi, il posizionamento e il dimensionamento delle prese utente, l’organizzazione dello stesso vano tecnico, ecc., sono tutti elementi che se non progettati con in mente, ben chiare, le esigenze dell’utente, le normative, i requisiti legati alla tecnologia scelta, le difficoltà di installazione e le conseguenze che ne possono derivare, gli ampliamenti e le variazioni ipotizzabili e tanto altro, possono portare a situazioni che, di fatto, vanno a rosicchiare un po’ di questi preziosi margini. Ma dirò di più, non solo il progettista dell’impianto, anche il progettista dell’edificio può essere responsabile di una parte del furto. Se la struttura dell’edificio non è stata organizzata in funzione dell’impianto di cablaggio, potrebbe risultare molto difficile anche per i migliori professionisti seguire le buone regole di progetto e di installazione.

Dove e come si leggono i margini

Appurata l’importanza dei margini e il fatto che debbano far parte del cablaggio installato, vediamo ora dove e come è possibile valutarne la presenza e il valore.

Il rapporto di certificazione è ancora il documento di riferimento. Le informazioni che contiene vanno ben oltre il sintetico “Passato” o “Fallito” scritto ben in evidenza. Prendere confidenza con questo documento può essere molto utile non solo a giudicare la bontà del lavoro svolto ma anche per gestire nel tempo l’impianto nel migliore dei modi. Alla lettura e all’interpretazione del rapporto di certificazione dedicheremo presto un articolo specifico, per questa volta ci limiteremo ad individuare le informazioni più pertinenti all’analisi dei margini.

Per ogni misura effettuata, il valore del margine è evidenziato molto chiaramente. Già sulla schermata dello strumento che sinteticamente riassume il risultato di ogni test, accanto al nome del parametro, tra parentesi è indicato il “margine di caso pessimo”, cioè il margine più piccolo che è stato individuato su tutto il campo di frequenza su cui il test si è svolto, Figura 3.

Figura 3 – Schermata riassuntiva dei risultati di un test. Accanto a ogni paramentro è indicato in parentesi il margine di caso pessimo

E questi valori sono anche quelli che compongono lo schema riassuntivo di ogni test, Figura 4. Ma vediamo più in dettaglio qualche situazione tipica.

Figura 4 – I margini di caso pessimo sono indicati per ogni parametro misurato

La Figura 5 confronta due misure effettuate su due Permanent Link, senza Consolidation Point, utilizzanti due cavi diversi più o meno della stessa lunghezza. I due cavi utilizzati appartengono allo stesso livello di prestazioni (Cat. 6) ma la qualità non è confrontabile, il primo è prodotto da un importante costruttore di sistemi di cablaggio, il secondo è un qualsiasi cavo economico facilmente acquistabile sul mercato. Entrambi hanno superato il test di certificazione, ma se analizziamo i margini possiamo scoprire differenze molto marcate. Per prima cosa guardiamo il margine sul parametro Attenuazione (Insertion Loss), in un caso abbiamo un margine di 6,6 dB, nel secondo di soli 2,5 dB: significa che con il cavo di qualità, a parità di lunghezza (poco più di 80m), il segnale cha arriva al ricevitore è più grande di circa 4 dB. Può sembrare una differenza trascurabile, ma 4 dB di differenza significa, in termini lineari, che il segnale a fine linea in un caso è 2,5 volte più grande che nell’altro!!!

Figura 5 – Confronto tra misure condotti su due cavi di diversa qualità. Il margine sull’attenuazione è molto migliore sul cavo di alta qualità (6,6 dB) rispetto a quello misurato sul cavo di qualità scadente (2,5 dB), in basso.

Con 80m di permanent link, lo standard mi autorizza a montare, se dovessi averne bisogno (MUTOA), anche bretelle utente da 13m, personalmente ho dei grossi dubbi che con il cavo economico questo si possa fare!

Ma l’attenuazione non è il solo valore che, pur rientrando nei valori sufficienti per ottenere il “PASSATO”, presenta margini molto inferiori se confrontati con il cavo di qualità. I valori di diafonia e, soprattutto, i rapporti segnale/rumore sono peggiorativi dai 2 ai 5 dB per arrivare a quasi 6 dB sul Return Loss, uno dei parametri, come sanno bene tutti gli installatori, più insidiosi e più difficili da “bonificare” Figura 6.

Figura 6 – Tutti i parametri mostrano margini molto più ampi sul cavo di alta qualità (a sinistra)

La figura 7 si riferisce invece a due misurazioni effettuate sullo stesso impianto (PL di Cat. 5e); nel secondo caso uno dei connettori è stato collegato senza particolare cura. Questo è un chiaro esempio di furto dei margini perpetrato da parte dell’installatore. Entrambe le misure danno luogo all’ambito “PASSATO”, entrambi i link sono, quindi, certificati ma diamo un’occhiata più attenta ai valori ottenuti. Esaminiamo il parametro NEXT: possiamo notare un crollo dei margini da 5,8 dB a 1,3 dB, questo vuol dire che i disturbi sul cavo sono quasi 3 volte più grandi di quelli che si avrebbero nel primo caso in cui il connettore è stato collegato correttamente! Il confronto tra i grafici del parametro NEXT (ancora in Figura YY) rende ancora più evidente la situazione. Le curve che rappresentano le misure sulle quattro coppie nel secondo caso sono molto vicine alla curva del limite di specifica ed è facilmente intuibile che, in questa situazione, può bastare molto poco, una bretella di qualità non eccelsa, per esempio, una fonte di disturbo esterna, l’inserimento di una connessione in più (CP o Doppia Permutazione), una bretella lunga, ecc., per portare il sistema fuori norma.

Figura 7 – Confronto tra i valori di NEXT su due installazioni realizzate con lo stesso cavo ma con qualità di manodopera diversa

Conclusioni

I margini sono importanti. Gli standard e il meccanismo stesso su cui si basa la struttura del cablaggio, considerano i margini una componente sempre presente, indispensabile e congrua con la struttura dell’impianto. I margini vengono misurati durante la fase di certificazione, ma non vengono confrontati con alcun limite perché non sarebbe un test praticamente realizzabile, tuttavia dovrebbero sempre essere analizzati, discussi e commentati perché contengono molte indicazioni sulla qualità dei prodotti, della manodopera e, in definitiva, sono l’elemento che maggiormente rappresenta la qualità globale della realizzazione.