Linea guida 306-2: Sconosciuta? Ignorata? Snobbata?
Luglio 2023
articolo a cura di: Bruno Zotti – Spring s.r.l.
La questione mi si è presentata qualche mese fa ma purtroppo come spesso accade, per tutta una serie gli impegni, non ero ancora riuscito a riportare questa riflessione sul Blog tecnico di Cabling&Wireless. Finalmente, trovato il tempo, ho potuto scrivere su questo argomento alcune considerazioni che spero possano essere interessanti.
Procedendo con ordine è bene ricordare che la CEI 306-2 più che una norma, nel senso stretto del termine, è un insieme di linee guida e raccomandazioni che descrivono il metodo corretto, in conformità alle norme tecniche applicabili ed alle disposizioni legislative correnti, per tutto quello che riguarda l’infrastruttura fisica multiservizio passiva in unità immobiliari ad uso residenziale, partendo dal punto di consegna della fornitura; il suo titolo è infatti: “Guida al cablaggio per le comunicazioni elettroniche negli edifici residenziali”.
L’ultimo aggiornamento risale a luglio 2020 e contiene anche le precedenti versioni della stessa 306-2 e 306-22 inglobate in questo documento unico.
Uno dei punti su cui si basa qualsiasi impianto realizzato “a regola d’arte” è che sia eseguito da installatori autorizzati nei termini del DM 37/2008 e nello specifico per gli impianti relativi alla comunicazione elettronica, o più semplicemente per le reti ultra larga banda, l’installatore deve avere l’autorizzazione alla lettera B del DM in questione.
Nello scrivere questo intervento mi riferisco in particolare ad un caso specifico che è molto rappresentativo di quanto ci sia poca conoscenza di queste specifiche ed una scarsissima formazione tecnica di molti installatori in questo settore.
Riepilogo brevemente la storia. Mi contatta un normale utente residenziale (normalmente abbiamo a che fare solo con aziende medio grandi come utenti finali oppure con aziende installatrici) chiedendomi un parere sull’impianto condominiale in fibra ottica realizzato nello stabile dove questa persona possiede un appartamento. L’interlocutore in questione, pur lavorando in tutt’altro settore ed essendo un semplice appassionato ed utilizzatore delle nuove tecnologie digitali, ha dei dubbi sulla corretta esecuzione dell’impianto. In casi come questi, normalmente, sarebbe stato indirizzato a rivolgersi all’installatore che aveva realizzato l’impianto ma, un po’ per l’insistenza della persona e soprattutto per la curiosità di verificare di persona come effettivamente siano realizzati gli impianti nel residenziale, decido di proseguire nella verifica e chiedo al mio interlocutore di inviarmi qualche foto che possa mostrare i punti critici dell’impianto.
Quando ricevo le foto sono ancora più deciso ad approfondire la questione poiché, da una prima analisi visiva del materiale ricevuto, si possono intravedere gravi scorrettezze nella realizzazione dell’impianto e decido che questo caso potrebbe essere un esempio per illustrare quanto siano poco seguite le normative, le linee guida per installazione impianti e soprattutto quanto poco venga seguita una corretta formazione del personale tecnico che deve occuparsi di questi lavori.
L’impianto in questione era realizzato in un condominio di piccole dimensioni che in totale conta 8 appartamenti, ciascuno servito da un cavetto monofibra (qui abbiamo subito una prima inosservanza della CEI 306-2 che prevede più fibre per ogni unità immobiliare) ma soprattutto dove si evidenziavano gravi carenze nella realizzazione tecnica ed anche una manomissione, non autorizzata, del punto di demarcazione dell’operatore fibra di zona.
La terminazione della rete ottica pubblica è installata nel locale tecnico all’interno di un armadio metallico a muro; qui si riscontrano subito le prime anomalie critiche che riporto di seguito:
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L’installatore incaricato della realizzazione della rete ottica interna al condominio si è attestato all’interno del box di terminazione della rete pubblica, questa azione contravviene nettamente con le linee guida CEI 306-2 e 306-22 relativa alla predisposizione per collegamenti larga banda degli edifici
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Le normative dei vari operatori fibra prevedono che la rete ottica del condominio sia terminata su un proprio box e che da questo al box della rete pubblica siano eseguite le permute per il collegamento, nessun cavo ottico oltre quello proveniente dalla rete pubblica deve essere attestato in modo permanente nel box di terminazione
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I cavetti monofibra utilizzati per collegare le varie U.I. non sono chiaramente marcati secondo le direttive CPR 305/11, entrata in vigore dal 01 luglio 2017, riguardanti la protezione dal fuoco per i materiali da costruzione. La scritta presente sul cavetto non permette di identificare in modo certo che questi cavi siano conformi alla direttiva specificata. E’ necessario avere la documentazione probante rilasciata dal produttore o dal fornitore che indichi esattamente la classe di protezione dal fuoco a cui appartengono
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A prescindere dal divieto di attestarsi all’interno del box di terminazione della rete pubblica, l’installazione è realizzata in modo approssimativo anche in considerazione del tipo di cavetto che presenta una guaina molto rigida, la giunzione delle fibre ottiche è sottoposta a sforzi meccanici e curvature non adeguate. Qualora i cavetti risultassero conformi alla direttiva CPR e possono essere riutilizzati, dovranno essere adeguatamente fissati in un box separato per evitare che la tensione provocata dalla rigidità della guaina possa provocare tensioni anomale sulle fibre e sulla giunzione. In generale la sistemazione dei cavetti e delle giunzioni nel box denota una scarsa esperienza su questo tipo di impianti da parte di chi l’ha realizzato, situazione purtroppo molto frequente negli ultimi tempi dove molti installatori intraprendono queste attività senza l’adeguata formazione
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Le etichettature dei cavetti sono approssimative e non chiaramente interpretabili senza possibili ambiguità
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Presso la terminazione ottica interna all’appartamento si possono notare altre non conformità (Fig. 2); non c’è una corretta terminazione come previsto dalle linee guida, il cavetto di raccordo tra router e presa ottica è fortemente piegato ed è stato trovato schiacciato dal coperchio della scatola di derivazione. Il connettore lato router è di tipo LC/APC e dopo una bretella ottica di circa 2 metri è terminato su un connettore LC/PC su una presa molto approssimativa trovata nascosta dentro la scatola di derivazione. Oltre alla realizzazione assolutamente fuori standard, non è consigliabile un cambio di connettore su una distanza così breve causa peggioramento della riflessione del segnale, come si può notare dalle tracce OTDR allegate. Il collegamento funziona a velocità molto bassa rispetto alla potenzialità del sistema (velocità fissata contrattualmente) per cui l’incidenza di anomalie sulla fibra non provoca al momento conseguenze rilevabili ma qualora si dovesse aumentare la banda, ad esempio per collegamenti GBE, una connessione fisica non conforme può provocare perdite di pacchetti e conseguente rallentamento della connessione rispetto alla velocità nominale.
Come già individuato nell’analisi preliminare precedentemente descritta, nella scatola di derivazione e sui cavi ottici di collegamento i problemi erano molteplici, piegature eccessive, schiacciature, attorcigliamento e raggi di curvatura non adeguati (alcune di queste anomalie potrebbero essere colpa di tecnici intervenuti successivamente a seguito di ripetute chiamate di assistenza che hanno spostato il router durante questi interventi).
Si è quindi andati avanti con una verifica tramite OTDR della tratta interna riscontrando, in prima battuta, un elevato livello di sporcizia sui connettori; dopo avere effettuato un’attenta pulizia con apposito kit le misure sono state ripetute con un discreto miglioramento ma con anomalie evidenti vicino alla presa terminale in appartamento.
La riflessione della presa ottica in appartamento era molto elevata e non rispettava i valori minimi consigliati di -50dB di return loss.
Analizziamo allora, in figura 3, la traccia OTDR della rete verticale misurata dall’appartamento del cliente fino al locale tecnico, dove la fibra è stata staccata dalla bussola di attestazione dal box ottico per evitare la presenza di segnale ottico durante la misura.
La misura è stata fatta dopo aver pulito i connettori ma, chi ha un minimo di dimestichezza con le tracce OTDR, potrà notare la disastrosa qualità di questa brevissima tratta ottica.
Dopo una breve bretella di lancio, si nota nell’evento 1 il connettore APC della bretella di collegamento router che non raggiunge il minimo di return loss previsto per questo tipo di connettore (-60dB), poco dopo, l’evento 2 è interpretato dallo strumento come un connettore ma, molto probabilmente, si tratta di un danneggiamento della bretella presumibilmente una piega permanente, conseguenza della sistemazione alla rinfusa nella scatola di derivazione.
L’evento 3 è la connessione della bretella router alla presa che era nascosta all’interno della scatola di derivazione, anche dopo la pulizia dei connettori presenta ancora un return loss pessimo, lontanissimo dal minimo atteso per un connettore SM di tipo UPC (-45dB, anche se preferibile -50dB).
Il return loss è talmente elevato che mette anche in difficoltà lo strumento e le misure fornite dopo, sono influenzate da questa anomalia che rende inutili le letture dei valori di attenuazione del connettore.
L’evento 4 è un danneggiamento del cavetto ottico in prossimità dell’attestazione nel locale tecnico (circa 3 metri prima) ed infine l’evento 5 è il connettore finale (pigtail giuntato al cavetto verticale). Questo presenta un return loss di -30,53 dB, quindi insufficiente anche dopo la pulizia e si nota che, dopo la breve bretella di coda, la tratta (di pessima qualità) provoca una serie di echi molto evidenti. Una tratta ottica di tale qualità non è assolutamente adatta a reggere protocolli uguali o superiori a 1 Gbps annullando così gli enormi vantaggi che una connettività in fibra ottica può avere in termini di larghezza di banda.
Molti impianti, purtroppo, si trovano in queste condizioni e solo grazie alle elevate prestazioni degli apparati attivi e all’efficienza dei protocolli di comunicazione i fenomeni non sono evidenti o rilevabili nella maggior parte dei casi dalla normale utenza.
Ovviamente questo non significa che si può “chiudere un occhio” su queste nefandezze; gli impianti ottici di edificio devono rispondere a precise normative internazionali che, nel nostro paese, sono regolate dalle linee guida della CEI 306-2 ma, come in questo esempio, queste sono state totalmente ignorate.
In conclusione le attività necessarie per portare l’impianto in conformità sono molte e tali da ipotizzare un rifacimento totale di quanto precedentemente eseguito, ma di seguito possiamo elencare le operazioni indispensabili almeno per riportare l’impianto in una condizione di minimo livello di accettabilità:
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Verifica della rispondenza dei cavetti ottici alla direttiva CPR (qualora non conformi dovranno essere sostituiti)
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Rimozione dei suddetti cavetti dal box di terminazione della rete pubblica ed attestazione degli stessi cavetti (o di nuovi adeguati qualora questi non fossero conformi) in box di proprietà condominiale che permetta l’esecuzione in modo agevole delle permute verso il box di terminazione. Attestazione dei cavetti nel box condominiale da eseguire nel rispetto del lavoro a regola d’arte
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Bonifica della presa terminale in appartamento per eliminare l’elevata riflessione del segnale.